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Secondo una ricerca psicologica, l'uomo contemporaneo preferirebbe una leggera scossa elettrica anziché rimanere 15 minuti da solo, con i suoi pensieri, a fare nulla. La corsa di resistenza ti lascia da solo, con quel gran fracasso che ognuno di noi ha dentro la testa, per ore e ore. Ed è per questo che per me, e molti altri, la corsa non è semplice atto sportivo/competitivo, ma un vero e proprio viaggio dentro noi stessi. Dopo 45 minuti di corsa il nostro cervello inizia a rilasciare endorfine. Il nostro corpo è in grado, da solo, di farci provare le stesse sensazioni che possono far provare gli oppioidi, senza effetti collaterali, senza un'euforia artefatta, ma con una serenità sincera che giunge dal nostro "Io interiore". Ed è per questo che tra gli ultramaratoneti sono numerosissimi gli ex tossicodipendenti. E i santoni, i poeti. Perché ore di corsa, di endorfine, ti portano in un viaggio mistico verso paesaggi interiori che neanche pensavi di avere. Una corsa di resistenza è una seduta di psicoterapia e di meditazione, senza volersi sostituire ad esse, ma completandole. Tutto ciò che sono solito scrivere, l'ho pensato durante una corsa. Dopo ore di corsa lungo i fiumi torinesi ho visto la personificazione del Po e della Dora. Nel Deserto di Tabernas ho visto teschi di animali selvatici sorridermi. Correndo attorno al Lago Trasimeno ho visto alberi che volevano abbracciarmi. Ma è correndo in montagna che ho provato le sensazioni migliori, più profonde. Quando sei in completa solitudine, immerso nella natura maestosa, e ti raggiunge il cosiddetto "Runner's high", ti senti un dio. Ma non nel senso che sei superiore agli altri, nel senso che comprendi gli altri, riesci a capire ogni connessione dell'universo e il tuo farne parte, superando la stessa concezione del tempo in cui ti trovi, dell'età che stai vivendo. Mi verrebbe quasi da dire che si fa l'amore con la natura, se solo non mi venisse in mente la scena di "Novecento" di Bertolucci, dove il bimbo incul* letteralmente la terra, dichiarandolo.
Alcuni popoli nativi americani sostengono che quando corri, non sei mai solo, sei sempre in contatto con i tuoi antenati ancestrali.
Parrebbero tante sciocchezze, lo so, ma è la scienza stessa a dimostrare che, ogni volta che corriamo lunghe distanze, si accende quella parte del nostro cervello deputata alla preghiera. La corsa come preghiera laica, per noi stessi e per cio che ci circonda.
Io non so cosa sia vero e cosa no, ma posso dire cosa la corsa di resistenza ha fatto a me e a tante persone che conosco, ci ha reso persone migliori.
Anche questo è Runnerpillar. Non fermarti.
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