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Custodisci il tuo pettorale

Questa storia ha inizio un giorno di agosto 2012. La prima volta in vita mia che andai a correre. Nonostante mio padre fosse un patito della corsa e avesse cercato di convincermi più volte, io avevo sempre resistito. Vedere la fatica sulla sua faccia riusciva sempre a convincere la mia pigrizia a lasciarmi sul divano. Questa volta però a spingermi c'era Elisa.
Eravamo in vacanza in Croazia ed insisteva perché io provassi a fare una corsetta con lei. Anche se eravamo fidanzati da solo qualche mese, io ero già cotto di lei e mi lasciai persuadere. Con due scarpe da pochi euro e dei pantaloncini da basket mi lanciai. Fu l'esperienza più brutta della mia vita. Una fatica immensa e un dolore al ginocchio che mi portai dietro per giorni. Maledissi quella corsa e la sera stessa mi ubriacai, lo facevo spesso in quel periodo, si può dire che fosse la mia attività fisica preferita. Per due anni ancora rimasi della mia idea sulla corsa. Finché nell'estate del 2014 i miei amici e compagni di bevute decisero in massa di convertirsi al running. Per non rimanere escluso e allettato dai lunghi pranzi organizzati dalla compagnia nel post gara, mi unii a loro. E successe qualcosa, forse la competitività che è insita nell'animo umano, forse semplicemente il piacere di stare all'aria aperta, nella natura. Fatto sta che mi innamorai del correre. Non fu lo stesso per il mio corpo. Il mio ginocchio malandato si faceva sempre sentire. Ho subito un infortunio giocando a calcetto nel 2007. Da allora sono il calciatore meno rimpianto nel mondo del calcio e uno zoppo a giorni alterni. Il fatto che mi allenassi solo spinto dalla competitività coi miei amici, senza seguire nessuna logica o tabella, e il fatto di non aver mai abbandonato il mio stile di vita poco sano, mi portavano a infortunarmi ogni mese.
Le mie uniche linee guida del running erano due o tre consigli in stile Sparta dati da mio padre, podista combattivo da vecchia scuola ("papà che scarpe mi consigli? - Io da giovane correvo scalzo", "papà quanto tempo e per quanti giorni devo correre? - Io correvo tutti i giorni" - "papà ma se son stanco che faccio? - Ce la fai, non ci si ritira mai"). Risultato: mi facevo male, ero tecnicamente inguardabile e non raggiungevo nessun miglioramento. Tutto ciò era ancora più frustrante perché dal punto di vista del carattere la corsa invece mi aiutava tantissimo. Prima di correre ero sempre stressato per il lavoro, scontroso, spesso di cattivo umore con gli amici e la morosa. E non riuscire a correre perché infortunato mi faceva ripiombare in quello stato di nervosismo che non portava nulla di buono nella mia vita.
Questa situazione si trascinò avanti per molto tempo finché non raggiunsi il punto più basso della mia carriera podistica. Dopo mesi di allenamenti altalenanti decisi di partecipare alla mezza maratona di Amsterdam. Un disastro, dopo pochi chilometri il mio ginocchio, che quasi tutta l'estate mi aveva lasciato in pace, tornò a parlarmi ("non ti sarai scordato di me?") e quando quello stronzo parla, le sue parole sono dolore. Al quinto chilometro e al decimo olandese che cercava di incoraggiarmi dandomi pacche sudate, dolorante mi ritirai, insultando lui, il mio ginocchio e strappando il pettorale col mio nome. Fu una bella scelta delle balle. Mi persi per Amsterdam, un freddo cane e vagai a piedi per quasi altri 13 km. Mi dissi che non avrei più corso.
Il dio della corsa però è buono e giusto e decise che con me non aveva ancora finito. Mi si rivelò nel Natale 2015. Il suo messo fu mio cognato, un runner esperto che si è fatto letteralmente da solo con determinazione e una visione americana, aperta e amichevole del running.
Lui, con una cerimonia quasi da tavola rotonda di Camelot, mi regalò "Il libro completo della Maratona" di Jeff Galloway. Lo lessi e rilessi in pochi giorni e tornai a mettermi delle scarpe da corsa ai piedi. Da allora sono stato un continuo, lento ma costante, miglioramento. Sono arrivato a correre 4-5 giorni a settimana, con la distanza massima in continuo aumento (domenica scorsa sono stati 26 km), con i miei piedi sulla neve in un parco torinese, lungo i fiumi, o nella polvere bollente sul Lago Trasimeno, con gli occhiali ricoperti di pioggia o moscerini nel Gargano, drogato di corsa. E tutto ciò si riflette nella mia vita di tutti i giorni: il nervosismo è sparito, la frustrazione inesistente e credo di essere una persona più piacevole da frequentare per chi mi conosce. Ed è solo l'inizio. Lo spirito di mio padre-Leonida e di mio cognato-Artù mi aiutano a non mollare mai, a spingermi verso la mia prossima 21km a Livigno, 1800 metri di altitudine, ma soprattutto, verso un sogno così bello da poterlo solo sussurrare a bassa voce...Turin Marathon. Sshh!
Certo, il mio ginocchio ballerino è ancora lì. Tuttavia ho imparato a non vederlo più come un nemico ma come un compagno di avventure. E quando, a volte, il dolore sembra ripresentarsi, rallento, quasi cammino, e gli dico "ok bello, se non te la senti ci fermiamo qua, ma io so che ce la possiamo ancora fare, siamo una squadra cazzo!". Lui pare sentirmi ed essere d'accordo con me e ripartiamo come se fosse riparato. Si può quasi dire che la corsa me l'abbia aggiustato, che la corsa mi abbia aggiustato la vita.
Luca Utzeri, 19 luglio 2016

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Parte 2 : https://www.runnerpillar.com/it/post/87/custodisci-il-tuo-pettorale-parte-2
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